Francesco Paolo Maria Di Salvia
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ALLA FIERA DELLE DONNE DELL'EST

3/21/2017

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Lo sdegno per Parliamone sabato mi sembra mirato su un particolare fuori-fuoco; un dettaglio sbagliato benché di immediato impatto per la condivisione social; tanto che, come prevedibile, il cartello in questione è diventato un meme nel giro di appena tre ore. Quella grafica è, infatti, davvero l'ultimo motivo per cui valga la pena di indignarsi in questo caso. Mettendo in un cantuccio tutto il resto.
La grafica dello scandalo viene ripetutamente postata quasi sempre fuori contesto. Come se fosse l'opinione degli autori. Paola Perego, in realtà, la introduce dicendo che si tratta del riassunto di un articolo che ha trovato su internet. (Da L'Oltreuovo; ma esempi simili sono ovunque: p.es. russia-italia.com). E' passata così l'idea che quella espressa dal cartello fosse la posizione degli autori; e, di conseguenza, "la posizione della RAI". Falso. La grafica serviva soltanto come osso da buttare ai cani per farli azzuffare in diretta. Le due donne russofone in studio, - e Fabio Testi, - erano le uniche a difendere i luoghi comuni espressi dalla grafica; mentre le donne italiane erano tutte (fintamente) stizzite su quasi ogni punto dell'elenco. Non dico che in studio abbiano demolito il cartello; non sarebbe esatto; ma il solito contraddittorio farlocco c'è stato. (Qui c'era il video della puntata; ma la RAI lo ha rimosso).

Il problema è un altro; ed è anche molto, molto più triste del cartello in sé. Parliamone sabato è un programma di daytime con un target molto preciso: donne over 50, localizzate a Sud di Teano, con la casa dalle rifiniture stuccate in finto-oro, oppure con le crepe nei muri bianchi. Tutto il segmento è mirato al cuore delle insicurezze della casalinga attempata qualunque. Persone che guardano la Tv perché non ha piu' nient'altro da fare se non guardare la Tv. Si comincia subito dal montage iniziale: quasi tutte coppie con lui vecchio e lei giovane; cartelli di strip club; tipe truccatissime; frasi a cazzo in sovraimpressione buttate lì tipo messaggi subliminali da Arancia Meccanica. Le due donne russofone vengono sommerse di complimenti come se fossero supermodelle: sono due ragazze di aspetto normalissimo. Viene ricordato come, nei loro Paesi di origine, non esista la pensione di reversibilità. Dunque, attenta casalinga, perché Svetlana è lì dietro l'angolo pronta a rubarti il tuo sessantatreenne Mariuccio dalle ascelle pezzate. Colpirle dove fa più male: all'eredità.

La confusione è allucinante. Usano un concetto di Est Europa fermo alla Guerra Fredda. Esempio: Paola Perego dice che Trump ha avuto due mogli dell'Est Europa. Nope. Trump ha sposato due donne slave, entrambe mitteleuropee; o, al massimo, una donna sud-orientale nel caso di Melania Knauss (che però, guarda caso, ha scelto di germanizzare il proprio cognome da Knavs a Knauss). L'ignoranza di Paola Perego in materia arriva a trasformare Anita Ekberg in una "donna dell'Est", tanto per dire, con risposta divertita di Fabio Testi. Tra l'altro, la carrellata delle VIP mostrata all'inizio, è, sì, composta da donne panslave; ma, quando la trasmissione si focalizza sulle persone comuni, in pratica, parla SOLTANTO di donne russofone. Sembra una via di mezzo tra uno spot di propaganda di Russia Unita, - le nostre donne ortodosse belle, forti e fedeli, - e un pezzaccio di quart'ordine per "spaventare le (casalinghe) moderate".

Leggo ancora: il segmento intero sarebbe di una misoginia inaccettabile. Lo è; ma, ancora, il problema non è affatto quello. Si tratta di un segmento avvolto da una tristezza universale. Cosmica. Io direi che è anche un segmento fortemente misandrico, pensate un po'. Partendo proprio dai rappresentanti del genere maschile in studio: un gallo cedrone settantaseienne, un gossipparo che (come metterla?) "ha una relazione complicata con l'armadio" e un povero cristo di operaio con moglie siberiana messo lì con la funzione di scimmietta con l'organetto. (Vedi Mariuccio ascella pezzata di cui sopra. Se 'sto sfigato ce l'ha fatta, pensa tuo marito). Risultato: gli uomini ne escono come bestie guidate soltanto dagli impulsi nervosi trasmessi al cervello dai recettori posti sul cazzo; tranne il povero cristo di operaio, che però viene bullizzato per quasi tutta la durata del segmento dal gossipparo, che gli dà, - tra le righe, - dello sfigato miracolato. Fabio Testi racconta un aneddotto allucinato su quel suo amico che è stato portato in un bordello dalla compagna russa perché, come regalo di compleanno, scegliesse una escort con cui fare un triello. (Gli amici di Fabio Testi, tipico cliché dell'uomo della strada, immagino). Quando gli "uomini dell'Est" vengono menzionati, poi, e solo di sfuggita, è per ricordare che sono alcolisti, violenti e anaffettivi. La conclusione di tutta la gazzarra è un mini-servizio in cui si spiega che le donne dell'Est si possono acquistare tramite agenzie specializzate presenti sull'internette alla modica cifra di 3000 euro al pezzo. Chi le compra? Gli uomini. Ossia:
Puttane approfittatrici OR pezzenti cercatrici d'oro
vs.
​porconi immorali OR sfigati morti di figa
La grafica è niente, davvero. Il segmento non è offensivo per le donne. Non è nemmeno offensivo per gli uomini. Il segmento è proprio offensivo per l'intelligenza umana. Siamo alla linea di confine tra il tipico immondezzaio daytime e "forse la fine dell'umanità" (come scrisse il tipo di Buzzfeed su "Ciao Darwin"; che, perlomeno, non si è costretti a finanziare in parte tramite il pagamento coatto di un canone). Voglio dire: anche Laura Boldrini aveva sottolineato e poi ribadito che l'elenco è offensivo per tutti: il punto dolente del segmento non sono soltanto le donne; ma perfino gli uomini ne escono in maniera indecorosa. Il grosso dell'indignazione telecomandata si è concentrata, - basandosi su una fonte peraltro fuori contesto, - soltanto sull'attacco indiretto alla donna italiana: ignorando la peluchizzazione delle donne dell'Est e l'animalizzazione dell'uomo. (I commenti volgari e xenofobi sulle "donne dell'Est" da parte di alcune "donne italiane", sotto lo status di Flavia Perina, sono un backfire meraviglioso in tal senso).

​In serata, poi, il finale scontato: il DG Campo Dall'Orto annuncia la chiusura del programma a seguito di pressioni politiche bipartisan. Una sorta di Editto Bulgaro, e Russo, e Ucraino, eccetera, eccetera. La RAI ha persino rimosso il video della puntata da RaiPlay. Passiamo, così, e con la solita italica naturalezza, dall'indignazione alla censura. (Com'era la storia dei voucher?). Anche se, a pensar male, un programma che faceva 10/11% di share, e che veniva puntualmente doppiato da Verissimo, potrebbe essere una perdita che fa comodo anche a Viale Mazzini. Ma c'è addirittura chi ha già scritto:
chiuderne una per educarne cento. (Aggiungendo: Trovo piuttosto consolatorio che, una tantum, non si sia tagliata la testa all'ultima ruota del carro ma bruciato il carro intero, nonostante fosse guidato da moglie di potentissimo). Gli opposti estremismi dello schifo. Un backlash che mi fa quasi venire voglia di difendere gli indifendibili con un #JeSuisParliamoneSabato. Quasi, oh. Diciamo che ho troppo da lavorare, oggi, va'.
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Le "supermodelle" in studio.
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Il buongiornissimo kaffèèè di MASSIMO Gramellini

2/22/2017

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Qualche tempo fa avevo proposto di riesumare in versione cartacea la rubrica "Il caffè" di Corradino Mineo per riunirla con "Il buongiorno" di Massimo Gramellini in una sorta di uber-rubrica da pubblicare col titolo "Il buongiornissimo kaffèèè di Gramellini e Mineo".

Leggo soltanto oggi, con una decina di giorni di colpevole ritardo, che Gramellini è passato al Corriere. Non solo: la sua rubrica ha cambiato nome da "Il buongiorno" di Gramellini a "Il caffè" di Gramellini.

​La mancanza di coraggio del Corsera ci ha purtroppo privati di un evento epocale. La rubrica "Il buongiornissimo kaffèèè di Gramellini" avrebbe rappresentato l'apoteosi mistica della piaga dei cinquantenni fuffopinionisti sulla carta stampata. La pulizia contatti definitiva di tutti quei trentenni falzi che ancora si ostinano a leggere i quotidiani.

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Ecco come eliminare la droga in famiglia: unico metodo funzionante

2/20/2017

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PictureAl titolo è stato poi aggiunto un puffesco "è meglio".
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* COME REAGIRE DI FRONTE A UN FIGLIO CHE SI FA LE CANNE? *
, strilla il Corsera online come prima notizia della prestigiosa colonnina di sinistra, quella in cui non appaiono mai gatti pasticcioni e tette di concorrenti ai reality tv spagnoli, per capirci, ma le notizie serie sui terremoti in Centro Italia e sul congresso del PCI*.

Per esempio, puoi andarti a leggere la definizione di "droga", per poi correre subito a buttare via tanto i blister di nimesulide, e compagnia cantante, quanto il prezzemolo, la salvia, il rosmarino, e il timo secchi, rendendoti conto di essere stata una "drogata" per tutta la vita, proprio come quegli americani maledetti che hanno i "drugstore" e chiamano i farmaci addirittura "pharmaceutical drug", - senza pudore alcuno proprio, - e li dividono in "over-the-counter drug" e "prescription drug"; e, appena ripresati dall'attacco di panico, puoi andarti a leggere le definizioni di "sostanza stupefacente" e di "sostanza psicotropa", ed andare in crisi perché, - O DIAMINE BENEDETTO DEL SANTO CUORE ROSSO DEL BUON GESU'!, - in cucina è pieno così di vinello e kaffèèèè, - e nel comodino tieni le sigarette, lo Xanax e addirittura quel pacchetto di Luminale 15 che ti ha dato il dottore per placare quei tuoi lunghissimi stati di agitazione, - e dunque non sei soltanto una "drogata", ma una "drogata" che usa "sostanze psicotrope" e "stupefacenti" addirittura per "scopi ricreativi" e non soltanto "farmaceutici"; e, solo a questo punto, un po' stordita, puoi andarti a leggere come la cannabis, in fin dei conti, non sia neanche una "sostanza stupefacente", come ripetono praticamente tutti in continuazione a campanella, - e dev'essere dunque vero, - bensì una "sostanza psicotropa", "depressoria", - WOW! Proprio come il tuo vinello!, - e che questa cosa qui è confermata dalla Legge Italiana, eh, che la posiziona nell'apposita Tabella II delle "sostanze stupefacenti e psicotrope", mentre il tuo Luminale 15 si trova appena sotto, nella Tabella III; e che, - WOW! Pensa un po'!, - le tabelle I e III comportano sanzioni maggiori rispetto alle II e IV; e dunque, in definitiva, che neppure la cannabis è una "droga", come ti hanno insegnato fin da piccola a percepire il termine "droga", ossia quelle cose che non sono né "farmaci", né il "vinello" alfiere della tradizione, né il "buongiornissimo kaffèèèè?!?!" senza il quale non riusciresti neppure a cominciare la giornata, ma un giovane morto in una catapecchia con un laccio emostatico al braccio.

Oppure, niente, puoi sempre fare come le madri liguri che, seguendo le istruzioni del manuale: "Ecco come eliminare la droga in famiglia: unico metodo funzionante", adoperano una scala di reazione che va da:

a) ritrovamento di dieci grammi di fumo = blitz della finanza nella cameretta del ragazzo, seguendo il ragionamento per cui: "Be', se un evento così faceva suicidare la gente durante Tangentopoli, che effetto potrà mai avere sulla psiche instabile di un adolescente in crisi? Mi sembra indubbiamente la cosa migliore da fare!";

a: b) ritrovamento di una bustina di polvere bianca con siringa, accendino e cucchiaio** = telefonata al Cremlino per sollecitare un raid di supporto materno con i Su-24 così da fare ground zero della propria medesima abitazione.

E poi, in entrambi i casi, lamentarsi in Chiesa che QUALCUNO, - eh, chissà chi, forse il Bilderberghe, forse il Moige, - SOFFOCA i giovani, e mannaggia i cellulari, e mannaggia WhatsApp, che non fanno più dire ai ragazzi "sei bella" alle ragazze, e infatti se questa generazione è una di quelle che fa più sesso in assoluto, - altra pericolosissima droga: altrimenti non si spiegherebbero i dossier del Corsera sui quattordicenni che scopano, - è perché non si parlano, non si dicono "bella", ma si incontrano come robot in piazza, - senza mai MAI guardarsi negli occhi, - e si recano nelle loro camerette barcollando come automi, mentre tutte le generazioni precedenti SI' CHE PARLAVANO CON I GENITORI TANTISSIMO, EH, CHE ARCADIA, CHE GRANDI TEMPI DI FANTASIA NELL'ELOQUIO, SEI BELLA A PIE' SOSPINTO A TUTTE LE RAGAZZE, E GRANDISSIMA COMUNICABILITA' TRA GENITORI E FIGLI CHE TANTA ARMONIA HA PORTATO NELLE FAMIGLIE DEL PASSATO!

WhatsApp, che tu sia maledetto.
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* Congresso del PCI è, ovviamente, un lapsus; ma mi sembra un bellissimo lapsus; e, quindi, lo lascio così com'è.
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** Successive indagini riveleranno che la bustina conteneva bicarbonato ed era stata messa lì nel cassetto dal ragazzo per fare un ischerzo all'iperapprensiva madre.

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Gran Ballo in Epoca Fascista (RELOADED)

2/15/2017

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Antefatto di cronaca vera: la preside della scuola media Guido Alessi di Roma decide di organizzare un "Gran Ballo in Epoca Fascista" come evento collegato al progetto Ricostruire la Storia: l’epoca fascista nelle nostre scuole e nei nostri quartieri, che le è già stato approvato dal MIUR su basi solo generiche.

La circolare di presentazione: 
Si tratta di un Ballo che vuole riproporre il più possibile l’ambientazione fascista, pertanto saranno allestiti pannelli con immagini d’epoca, saranno proposte musiche tipiche del Ventennio e l’abbigliamento dei partecipanti dovrà essere il più fedele possibile al periodo in questione (sarà, quindi, necessario indossare almeno un accessorio a tema). 

Il Gran Ballo viene annullato il giorno seguente dopo le vivaci proteste di alcuni genitori.

Ecco. Davvero un peccato cancellare un evento del genere soltanto per qualche protesta! Sarebbe stata, invece, un'ottima occasione per insegnare la storia ai ragazzini facendogliela rivivere di persona. Anzi, per rendere l'esperienza ancora più significativa, io avrei cambiato il programma nel modo seguente:

Ore 17 - Flash mob. Gran Tumulto in Epoca Rossa, con i genitori contrari al vecchio programma, insieme ai propri figli, riuniti davanti alla scuola per protestare, indecisi se occupare la sala da ballo, o se subire le decisioni imposte dalla presidenza della scuola. I bambini secchioni osservano l'evento senza capirci molto.

Ore 17.30 - Pre-serata. Gran Stasi in Epoca Liberale, con i bambini secchioni vestiti di tutto punto che, dopo aver assisitito impotenti e confusi all'evento informale delle 17, vengono lasciati entrare nella scuola da soli; ma i ragazzini non sanno  ancora bene cosa fare: se unirsi all'evento delle 18, ormai imminente, oppure se tornare fuori per cercare, - magari con l'appoggio ufficioso dei bambini delle 18, - di rimandare a casa i bambini delle 17.

Ore 18 - Gran Ballo in Epoca Fascista, con i figli di tutti i genitori già fermamente d'accordo col programma precedente, che marciano sulla sala da ballo vestiti come i ricchi nei film dei telefoni bianchi, accompagnati dai figli dei genitori che "tanto questo o quello chissene", e dai figli dei genitori che "vabbe' ormai si era già deciso così", e dai figli dei genitori che "almeno facciamo bella figura con l'avvocato Ricciardi che ha tanto voluto l'evento e poi chissà". I secchioni del pre-serata si mescolano tra la folla cercando di fare i vaghi; ma vengono presto relegati in un angolino della sala da ballo.

Ore 19 - Gran Assalto in Epoca Resistenziale, con l'arrivo dei figli dei genitori contrari al programma originario che, dopo due ore di discussioni, decidono finalmente di occupare la sala da ballo, e scacciare via tutti i presenti. Alcuni secchioni, vestiti in maniera un po' meno formale, e ancora invisibili nel loro angolino, riescono a unirsi all'assalto facendo finta di essere sempre stati in compagnia dei bambini delle 17. Stessa cosa riescono a fare molti figli dei genitori che "tanto questo o quello chissene"; che anzi asseriscono di essere vittime dell'evento delle 18 e di non essere mai stati d'accordo col suo programma. Viene improvvisato un processo al figlio dell'avvocato Ricciardi, alla sua fidanzatina, e a tre dei suoi più fidati amichetti. Dopo averli messi sottosopra per un po', vengono fatti sparire dalla sala da ballo, e i capo-bambini delle 19 cominciano a credere di essersene liberati per sempre. Segue lungo dibattito su cosa fare adesso che la sala da ballo è stata conquistata e su quali regole imperiture adottare per il futuro benessere dell'area comune.

Ore 20.15 - Gran Stabilizazzione in Epoca Democristiana, con i bambini secchioni rimasti durante il dibattito, - supportati dal migliore tra i bambini delle 19 e fautore di una sorta di perdono ecumenico, - che riescono con uno stratagemma a far rientrare nella sala da ballo tutti i compagni rimasti chiusi fuori. Convincono, inoltre, i bambini delle 18 a usare il più sobrio cambio d'abiti che si sono portati da casa, svestendo quei ridicoli panni da telefoni bianchi. Invitano, allo stesso tempo, i bambini delle 19 a moderare i loro generosi slanci. I bambini delle 19 titubano; alcuni continuano a fare gli scalmanati e vengono chiusi fuori dalla sala da ballo; ma la maggior parte dei ragazzini è stanca e accetta l'accordo. Il redivivo figlio dell'avvocato Ricciardi si giustifica dicendo che è tutta colpa di suo padre: il ragazzino aveva ben altre intenzioni per la festa, ma il padre lo ha spinto allo scontro totale e a segregare nello sgabuzzino i bambini con cui non andava d'accordo; anzi, lui stesso si era tanto speso per bonificare il tavolo buffet dalla presenza degli orridi snack vegani, e ciò gli andava sicuramente riconosciuto. La festa si trasforma in un tranquillo miscuglio di ragazzini disorientati. I bambini secchioni sono i padroni indiscussi della sala da ballo: riorganizzano una parvenza di armonia collettiva: si parlicchia, si ballicchia, si mangiucchia. Con moderazione; almeno fino alle 21; quando si comincia a esagere un po'. In generale, ognuno si fa i cazzi propri nel proprio spazietto; e quasi tutto, all'apparenza, funziona come si deve.

Ore 21.30 - Gran Casino in Epoca Movimentata, con i bambini delle 19 che non si erano piegati alla normalizzazione delle ore 20.15, rientranti nella sala da ballo con l'unico obiettivo di riprendersela in nome di tutti i ragazzini del mondo. Molti bambini delle 19 che avevano in precedenza accettato l'accordo sembrano rinvigoriti dall'ingresso in sala dei vecchi compagni; e sono tutti più o meno coinvolti nel trambusto. Alcuni bambini, arrivati nella sala da ballo fuori tempo massimo, pieni di energia inespressa e incapaci di comprendere i precari equilibri del difficile compromesso che era stato raggiunto, sono tra i più facinorosi. Il capo-bambino secchione viene nascosto in uno sgabuzzino. Nessuno riesce più a trovarlo. Il nuovo capo-bambino secchione, neanche poi troppo scosso dalla sparizione del suo predecessore, si reca dal figlio dell'avvocato Ricciardi: comincia a insinuare che la situazione così proprio non va. Qualcosa va fatto; ma cosa? E se ne va. Il figlio dell'avvocato Ricciardi ci pensa su. Organizza gli amichetti in squadrette perché facciano calmare i bambini delle 21.30 con ogni mezzo necessario. Stavolta si tiene in disparte; eppure cade addirittura nel delirio di poter riconquistare la stanza per restaurare l'evento originario delle 18; magari con l'appoggio del silente figlio del cosiddetto colonnello Masturzo, principe del settore ittico. La tensione nella sala da ballo è palpabile. I bambini più morigerati sono ormai terrorizzati dallo stato di cose che si è venuto a creare. I primi bambini, stanchi, cominciano a sbaraccare per tornarsene nel privato rassicurante delle proprie camerette.

Ore 22 - Gran Riflusso in Epoca Deficitaria, con tutti i bambini ormai visibilmente spossati. "Ma chi ce lo fa fare?", si chiedono un po' tutti senza però ammetterlo con gli altri. I bambini rimasti in sala vengono portati spontaneamente dalla stanchezza a far finta che i conflitti non esistano. Si accorgono, anzi, di aver avuto fame per tutto il tempo. Si gettano in massa sul gigantesco timballo di bucatini con polpa di bovino, uova, burro, e mortadella, che era rimasto intonso al buffet per l'intero corso delle cinque ore precedenti. Consumano una cassa di magnum di spumante per riuscire a mandare giù il timballo. Sono bambini; non dovrebbero bere così tanto; ma che male c'è nel vivere un po' al di sopra della propria condizione? Un bambino che se n'era stato in disparte per tutto il tempo accende il proiettore che di solito serve ai professori per le loro barbose lezioni scolastiche. Lo dirige verso il muro centrale della sala da ballo per concedere a tutti gli amichetti una bella oretta di sana televisione defaticante, visibile da ogni angolo della stanza. La maggior parte dei bambini è ormai satolla, brilla, e giace intontita sulle sedioline disperse a macchia di gattopardo sul pavimento. Alcuni bambini cominciano a vomitare in maniera disordinata.

Ore 22.45 - Post-serata. Gran Rigetto in Epoca Vaffanculiera, con i bambini accasciati che continuano a vomitare nelle auto dei genitori. Si sentono nauseati soltanto nel ripensare agli avvenimenti del recente passato. Accusano, nel loro delirio alcolico, tutti gli altri bambini per tutti i propri problemi attuali.

Ore 23 - Il bidello Mario, inviato dall'austera preside, entra nella sala da ballo bestemmiando.
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thank you, 'n' be seein' you!

6/12/2016

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​Tutto questo parlare indignato di Mein Kampf mi ha fatto venire in mente un aneddoto su nazismo e conformismo illuminato che ho sempre trovato adorabile. L'episodio viene spesso attribuito, in Italia, a Jack Kerouc, nel ruolo di carnefice, e ai suoi amici beat, nel ruolo delle vittime. Le cose non stanno affatto così.

30 luglio 1967. Teatro Roundhouse, nell'area di Chalk Farm, a Londra. Sessione pomeridiana della giornata conclusiva di un congresso internazionale di controcultura chiamato, in breve, Dialettiche della liberazione; oppure, in gobbledygook controculturale: Il congresso sulle dialettiche della liberazione (per la demistificazione della violenza).

Un esempio per capire il tenore degli interventi. I volantini del congresso si scagliavano contro: «Il regno del terrore perpetuato su scala globale. Solo mascherato, nelle società ricche, in cui i bambini vengono condizionati da una violenza chiamata amore ad assummere la loro posizione di potenziali eredi dei frutti della terra, ma nel processo vengono ridotti a poco più che puntini ipotetici in un sistema deumanizzato di coordinate». Un evento organizzato da Joe Berke, guru dell'anti-psichiatria, propugnatore di università spontanee come detonatori per rivoluzionare l'esistenza contemporanea, nonché da altri membri dell'Istitutito di Studi Fenomenologici. Per dire, la conferenza si è aperta, il 15 di luglio, con una lezione di R.D. Laing. Marcuse è il grande nonno freudo-marxista, il nume tutelare, il venerato maestro. C'è Ginsberg. Tutta la crème dei radicali del Lower East Side di New York invitata a rinuirsi con i gruppetti degli arrabbiati britannici: il meglio della New Left, insomma. Un evento serissimo, - e seriosissimo, - ancora oggi avvolto in un alone di un delizioso misticismo così accademicamente anti-accademico.

La scelta di Emmett Grogan, un americano ventiquattrenne, come oratore finale del congresso ha spiazzato parecchi tra i partecipanti. Chi è Emmett Grogan? Un attore e attivista. Co-fondatore dei San Francisco Diggers, un gruppo di radicali dediti alla guerriglia teatrale, e ad altre azioni di giustizia sociale di tenore un pochettino più pratico. Grogan è uno di quegli anarchici ironici, grandi libertatori, - provos, situazionisti, e tutta quell'accolita di simpatici minchioni senza catene, - che sembrano estinti al giorno d'oggi, soppiantanti da tipetti autoritari scassamaroni e scassavetrine. Perché abbiano concesso l'intervento di chiusura a Grogan resta un mistero per molti tra i presenti.

La sorpresa dura poco. L'intervento di Emmett Grogan è molto convincente. Sembra stia recitando un manifesto programmatico per la New Left. Grogan scuote un pugno in aria: «Questa è la volontà che unisce i nostri gruppi e che ci fa comprendere che gli uomini e le donne devono apprendere il sentimento comunitario al fine di difendersi contro lo spirito di classe, la lotta delle classi, l'odio di classe!».

Radicali, hippie, anarchici. Mormorano entusiasti. Rapiti dal vigore con cui Grogan conduce il suo intervento. D'altronde Grogan è un attore e sa di certo come fare per tenere la platea in pugno. «Noi andiamo a vivere presto in comune la nostra vita e la nostra rivoluzione! Una vita comunitaria per la pace, per la prosperità spirituale, per il socialismo!», continua. Il compiacimento della gente in sala è allo zenit.

«La nostra rivoluzione farà di più per causare una reale trasformazione interiore che tutte le rivolte della storia moderna messe assieme!», prosegue, «Nessuno può dubitare del fatto che durante quest'ultimo anno una rivoluzione ambientale della più grande importanza sia andata crescendo come una tempesta tra i giovani occidentali. Potere al popolo! La rivoluzione non avrà mai fine!».

Grogan riceve un'ovazione. I partecipanti si alzano in piedi. Battono le mani. Grogan fa segno di abbassare il tono. Il clamore sciama un po' alla volta. Grogan riesce di nuovo a farsi ascoltare. Ringrazia il pubblico per la generosità. Si schernisce: non merita tutto questo apprezzamento!

Come non meriti tutto questo, Emmett?

«In realtà, io non ho né scritto, né sono stato la prima persona a recitare questo discorso».

E chi sarebbe stato? Chi?

«Ma so chi l'ha fatto. Il discorso che avete appena ascoltato è stato tenuto, per la prima volta, nel 1937, al Reichstag... da Adolf Hitler!».

Che cavolo stai dicendo, Emmett?

«Grazie, e ce la vediamo!». («Thank you, ‘n’ be seein’ you!», in originale).

Si narra che, a questo punto, la folla poco prima estatica si sia trasformata all'istante in una una cagnara ululante con vaghe idee di linciaggio per quel tipetto subito etichettato come un provocatore fascista; e che Grogan sia riuscito a svicolare soltanto grazie a una porticina sul retro e alla protezione dei compari in sala; ma, il vero finale della storia si confonde, purtroppo,con la leggenda.
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Il test incrociato di pagina 69/99.

3/11/2015

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Vale davvero la pena di  leggere  La circostanza?

Io dico di sì; ma ogne scarrafone è bello 'a mammà soja.   (Uno scrittore napoletano non avrebbe mai potuto scrivere La metamorfosi; la madre avrebbe portato la blatta in trionfo fino a Porta Capuana).

Per questo ho deciso di mettere online il test incrociato di pagina 69/99.  Ci sono varie opinioni su quale sia la pagina random da leggere per dare una - e una sola - chance di successo a un libro . La decisione  è arbitraria; ma i numi tutelari del giochino si sono soffermati su due pagine in particolare: pagina 69, per quel zozzone di McLuhan, e pagina 99, per Ford Madox Ford. 

Ecco, quindi, pagina 69 e pagina 99 de La circostanza. Spero vi facciano venire la curiosità di leggere anche pagina 70 e 100, e da lì, - mi raccomando!, - tirare dritti, fino allo svincolo di Salerno Centro.
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la recensione di francesco durante per il corriere del mezzogiorno

2/25/2015

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La recensione di Francesco Durante è apparsa sul Corriere del Mezzogiorno  di mercoledì 25 febbraio 2015.  Si parla così bene de La circostanza che sono quasi imbarazzato  nel ripostarla. Quasi.

NUOVO TALENTO
Caffè Saraceno, aroma  da gran romanzo
Sorprende il libro di Francesco Paolo Maria Di Salvia

di  Francesco Durante

Se ho ben capito che cos’è la famosa «New Italian Epic» tanto discussa qualche anno fa, devo dire che ora mi si è rivelata nel modo più compiuto nel romanzo La circostanza, che, dopo una menzione speciale al Premio Calvino dell’anno scorso, da domani sarà in libreria. Ne è autore un salernitano di 33 anni che vive a Praga: Francesco Paolo Maria Di Salvia. È un libro eccezionale: in oltre 620 pagine fitte fitte racconta tutto, dall’alfa all’omega, quello che c’è da raccontare intorno a una dinastia salernitana di industriali del caffè – i Saraceno – e tutta la storia (grande e piccola, italiana e internazionale) che fa da sfondo alla sessantina d’anni lungo i quali si dipanano le vicende. È un libro ipertrofico e ambiziosissimo, gioiosamente inventivo ma anche documentato al limite della paranoia, serissimo e buffonesco, scritto-scritto, e scritto benissimo. Per certi versi, Di Salvia mi appare come un postmodernista che d’un colpo solo abbia risolto tutti i problemi teorici presenti agli scrittori americani anni ‘60: come un John Barth che, stanco dello stucchevole rimpiattino della tradizione, teorizzi la morte dell’autore e la «literature of exhaustion» nel mentre sa già praticare quella del «replenishment». Tutto ciò per la gioia del lettore, almeno di quello che s’infervora davanti a progetti narrativi così fuori dal comune. Insomma da questo libro viene, per echeggiare la pubblicità del caffè Saraceno, «un aroma che non si dimentica».

L’autore spiega che scrivere La circostanza lo ha impegnato per oltre otto anni e sei diverse stesure. Il mare magnum del romanzo erano in origine diversi nuclei che in seguito si sono uniti a formare un romanzo storico che è anche saga familiare e riguarda non solo i Saraceno, ma un po’ tutti. Per riassumere un testo così vasto servirebbero tre-quattro puntate. Qui dirò solo che nella «dynasty» Saraceno convivono due anime in apparente contrasto: un ramo «buono» cui capostipite è il patron Franco, industriale di successo, e un ramo «giusto» iniziato da sua sorella Lulù (la «zoccola» di famiglia). Il primo ramo è cattolico, borghese, democristiano, imprenditoriale. L’altro è politico e incontra il suo primo campione in Italo Saraceno, eroe della Resistenza e senatore del Pci. Ciascuno a suo modo, i «buoni» e i «giusti», divisi da antichi rancori la cui origine è tanto remota da essere dimenticata, contribuiscono a determinare la storia degli italiani e la loro sottomissione a famiglia, Chiesa, Stato, partiti e «a ogni sorta di Verità Rivelata, dall’orientalismo ai metodi contro l’impotenza».

Mescolando vero e verosimile, Togliatti e JFK e Nixon, Berlusconi e D’Alema e la Grande Orchestra di Stoico Diavolacci, e attraversando tutte le stagioni della nostra storia, Di Salvia in pagine intensissime e urticanti mette a nudo vizi, ipocrisie, viltà, conformismo. Fin dall’inizio si sarà presi dalle avventure americane di Felice (figlio di Franco), dalle gesta di Lulù nei giorni dell’occupazione alleata, e da quelle di Italo, comunista tutto d’un pezzo, in Cecoslovacchia. Continuando, il piacere non scemerà. Di Salvia è un talento strepitoso.
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    I have a swimming lesson in about five minutes.

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    Francesco Paolo Maria Di Salvia è nato a Salerno nel 1982.

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